Friday, 28 September 2012

Oddworld: Abe’s Oddysee: intervista a Lorne Lanning




Non avrà venduto 20 milioni di copie, ma Abe’s Oddysee, insieme ai suoi sequel, è uno di quei giochi dell’era PlayStation che è stato in grado di creare un seguito di fan fedelissimi. Ed è facile capirne i motivi: la bellissima avventura fantasy a scorrimento laterale di Lorne Lanning è ambientata in uno dei mondi più spettacolari e originali che siano mai stati creati e il suo eroe, Abe, è uno dei più eccentrici protagonisti.





Mentre Sony sta lavorando al remake in HD di questo titolo, ha voluto incontrare l’autore del gioco per capire come sia nato l’originale del 1997. Godetevi l’intervista e se non conoscete questo titolo vi consigliamo di scaricarlo subito su PS Store: è disponibile una versione per PS Vita. È un’esperienza di gioco unica che nessun giocatore dovrebbe perdersi.






  • Com’è nato il gioco originale?



Lorne Lanning: Da un punto di vista strettamente pratico, ci siamo ispirati al mondo del cinema per quanto riguarda lo sviluppo del personaggio, il design, l’animazione e gli effetti. Eravamo convinti che i giochi dovessero essere più profondi e impegnati sul piano della storia e dello sviluppo emotivo dei personaggi per dare la sensazione ai giocatori che non stavano semplicemente affrontando una sfida, ma che avevano fra le mani il destino di qualcuno, che dovevano prendersi cura di qualcuno.





Da un punto di vista più filosofico, ho voluto attingere alla parte più superficiale della cultura di massa per poi convertirla in una moderna mitologia ricca di significato che potesse entusiasmare una platea più vasta. Ritenevamo inoltre che attraverso il gioco potessimo trasmettere a molte persone messaggi importanti. Per questo abbiamo fatto assumere al nostro personaggio principale il ruolo di anti-eroe: Abe non era il supereroe muscoloso che vorremmo essere, era semmai il patetico imbranato che siamo realmente nella vita quotidiana. Non abbiamo fatto altro che descrivere il percorso che intraprendiamo nel tentativo di evadere dall’immagine di impotenza che abbiamo di noi stessi e dalla posizione sociale in cui tipicamente ci troviamo, cioè sul gradino più basso.





Da un punto di vista commerciale, eravamo convinti che se fossimo riusciti a realizzare gli obiettivi concettuali che vi ho esposto prima, potevamo puntare a un prodotto di qualità originale offrendo al pubblico una prospettiva della vita più intelligente, seppur sarcasticamente ironica, con cui confrontarsi.





Abbiamo creduto nella possibilità di creare un prodotto di qualità e profondo, destinato a rimanere nel tempo, caratterizzato da un mondo divertente e patetico allo stesso tempo che rifletteva il mondo reale come se fosse visto attraverso uno specchio deformante.











  • Da dove arriva l’ispirazione per l’atmosfera e la grafica del gioco?



Lorne Lanning: Il 3D era la tecnologia più all’avanguardia all’epoca della PS1, ma io non ne ero affascinato poiché me ne ero occupato prima di collaborare con Sherry McKenna per la creazione di Oddworld. Sapevamo perfettamente che il 3D allora non aveva ancora sviluppato pienamente tutto il suo potenziale, così abbiamo preferito concentrarci sulla creazione degli aspetti realistici dei personaggi e degli ambienti, in particolare le animazioni e gli effetti sonori. Il nostro scopo era di infondervi un’atmosfera più cinematografica.





La fonte principale della nostra ispirazione era il cinema. Per quanto riguarda i giochi invece, quelli che mi divertivano di più, oltre a quelli di pura sfida e in stile arcade, erano i primi giochi a scorrimento laterale come Prince of Persia, Another World e Flashback. Mi facevano impazzire, ma soprattutto mi piaceva il fatto di controllare un essere vivente piuttosto che un elemento grafico in una gara.





Le animazioni, la visuale fissa, i toni e le atmosfere da film di questi giochi che mischiavano storia, azione e avventura in modo intelligente mi affascinavano e mi davamo ispirazione.





E così, mentre molti produttori si rivolgevano al 3D, noi puntavamo sulla profondità dei personaggi e uno stile di gioco più coinvolgente a livello emotivo. La tecnologia per me non era rilevante, lo era invece la trama e le sue svolte inaspettate che rendevano i meccanismi della sfida strettamente connessi allo sviluppo del personaggio e della storia.













  • Al momento della sua pubblicazione fu una pietra miliare per la grafica 2D. È stato difficile realizzarlo?



Lorne Lanning: È stato un inferno. Siamo incorsi in ogni tipo di intoppo e credo francamente che non avrebbe raggiunto i negozi se non fosse stato per Sherry McKenna e la sua tenace capacità di negoziazione e strategia. Anche il team ce la metteva tutta per portare a termine in maniera eccellente il progetto, ma Sherry è stata determinante. Mentre altre aziende furono tagliate fuori, lei continuò a trovare fondi.





Considerando gli ostacoli che incontravamo, ero molto scoraggiato. A rigor di logica non era possibile farcela, ma il nostro impegno e la nostra assoluta determinazione sotto la guida di una forza implacabilmente ottimista, cioè Sherry, alla fine ci hanno premiato. Realizzare l’azienda, il motore ed il gioco con un budget unico è stato davvero gravoso, una vera impresa.











  • Di quale elemento del gioco va più fiero e di quale meno? È completamente soddisfatto del sistema di checkpoint?



Lorne Lanning: Eh sì, in effetti il sistema di checkpoint è stato un vero casino, da diventare matti. Non funzionava per via dei codici e poi dovevamo amalgamare codice, grafica e istruzioni. Avevamo creato l’azienda dal nulla, ci trovavamo a lavorare con persone nuove, è stata una fatica immane per tutti noi e abbiamo fatto un pasticcio con il sistema di salvataggio… MAMMA MIA! È stato duro, ma ne siamo usciti. Eravamo consapevoli delle varie imperfezioni ed abbiamo giurato a noi stessi che non ci saremmo cascati un’altra volta. Con Abe’s Exoddus infatti abbiamo risolto il problema e abbiamo anche creato il sistema di “salvataggio veloce” per non doverci più ritornare sopra.











  • In che modo questo gioco ha lasciato il segno? Per cosa le piacerebbe che il gioco venisse ricordato?



Lorne Lanning: Credo che il gioco sia servito a molte persone che desideravano vedere personaggi più profondi e più compiuti, che avessero un impatto maggiore nella loro vita. Ritenevo, e tutt’oggi ne sono convinto, che il pubblico desideri un divertimento più ricco di quello che normalmente ottiene giocando.





Ho anche sentito dire a tante persone del settore che questo gioco è stato una fonte di ispirazione. Ma devo ammettere che la ricompensa più grande sono state le lettere commoventi ed esaltanti di fan completamente impressionati dal gioco. L’impatto del gioco sulla vita di alcune persone ha un che di misterioso e profondo, ma d’altra parte è proprio questo il motivo che mi ha spinto a creare i giochi.





Ero convinto che la forza del mezzo espressivo potesse avere un maggiore impatto sulla vita delle persone, arricchendole di nuove prospettive sul mondo sfigato che li circondava, così pieno di menzogne e imbrogli da parte dei governi e delle imprese.





Un fan ha giurato che il gioco gli ha salvato la vita: un uomo di 72 anni che adesso presta il suo nome a un personaggio del nostro secondo gioco, Abe’s Exoddus. Si tratta di Alf Gamble. Quando abbiamo letto la sua lunga lettera scritta a mano, non siamo riusciti a trattenere le lacrime… Una storia unica, molto commovente.





Via: blog.it.playstation.com 




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Monday, 24 September 2012

Kazuo Hirai






Gloria a Hirai. I punti salienti della carriera del boss uscente di SCE




È davvero una storia notevole, quella di Kazuo Hirai. Non solo lavora in Sony dall’inizio degli anni ’80, ma è in grado di sbagliare la pronuncia di Ridge Racer ogni volta. Non fraintendete: cominciare dal comparto musicale e diventare l’uomo di punta di PlayStation è un’impresa almeno quanto lo è completare Dark Souls usando solo i piedi. Hirai è salito sul trono (che presumiamo sia coperto di rubini e lanci fuochi d’artificio) di CEO e presidente di Sony ad aprile 2012. Prendere il posto di Ken Kutaragi e delle sue camicie hawaiane deve essere stata una sfida niente male. Dopotutto, il suo predecessore viene definito “il padre della PlayStation”. Ma, grazie a due decenni di lavoro visionario, soprattutto nel comparto online, Hirai è diventato il presidente più giovane di Sony dai tempi del fondatore Akio Morita.






In ascesa



Passando all’ammiraglia PlayStation pochi mesi dopo che la prima console era uscita in Giappone, la scalata di Sony in cima alla catena alimentare videoludica e quella di Hirai alla gerarchia corporativa vanno praticamente di pari passo. La carriera di Hirai è stata caratterizzata da diversi momenti d’oro, dalla presentazione del fantastico schermo OLED di Vita al tentativo di salvataggio dell’E3 di debutto della PS3. Ora che ha deciso di concentrarsi su altre responsabilità, ecco i punti salienti della sua carriera in Sony...







Talento precoce


Hirai nasce il 22 dicembre 1960 a Tokyo, in Giappone.. Figlio di un ricco banchiere, il padre lo ha portato con sé spesso nei suoi viaggi d’affari tra la California, New York, Canada e Giappone. Ora Hirai dichiara che probabilmente sono stati quei primi viaggi in America uno dei fattori decisivi del suo successo.





Secchione


Anziché spendere i fondi dell’università nei videogiochi, Hirai ha studiato sodo, laureandosi nel 1984 in Letteratura all’Università Cristiana Internazionale di Tokyo "International Christian University".








International Christian University



L’uomo della musica


Avrebbe potuto andare a zonzo per qualche anno, dopo la laurea, ma è stato immediatamente arruolato nel 1984 nella "CBS/Sony Inc", la divisione musicale di Sony. Il suo duro lavoro gli permise di passare in breve tempo ad un rango maggiore, ed in seguito di stabilirsi a New York, dove diventò il capo dell'ufficio IBA Sony Music del Giappone.





Si gioca


Quando il Dual Shock non era neanche nella mente di Zio Ken, Hirai si è fatto strada nei ranghi di Sony. Il suo successo nel comparto musicale gli è valso il trasferimento a New York e la nomina a capo dell'ufficio IBA Sony Music del Giappone.





Re della console


La prima PlayStation è uscita in Giappone il 3 dicembre 1994 ed è diventata un successo planetario. Nel 1995, anno dell’uscita mondiale, Hirai-sensei ha iniziato a lavorare in SCEA come operation manager.





Facciamo i nomi


La PlayStation era al suo terzo anno di vita quando Hirai è stato inserito nei credits per la prima volta. Era il 1997 e il gioco era il GdR meno conosciuto di Square, Saga Frontier. Da allora è stato nominato in più di 100 giochi Sony, su cinque console diverse.





Social network





21 maggio 2002: Kaz Hirai

e il PS2 Network Adaptor

Prima che il PSN venisse al mondo, Hirai sognava una PlayStation online. Questa visione è divenuta realtà nel 2001, quando Hirai ha lanciato l’adattatore per la PS2. Lavrete comparato in pochi, ma per chi lo ha fatto, quei primi scontri a SOCOM devono essere stati entusiasmanti.





Pubblicità


Hirai è stata una delle menti dietro la pubblicità cross-mediale che ha fatto di PS1 un’icona culturale. I suoi innovativi metodi di pubblicità comprendevano la presenza di PlayStation nei più importanti avvenimenti sportivi americani, per esempio le partite dell’NFL.





Pensare next-gen


Nel marzo 1999, Sony ha annunciato ufficialmente la PS2. Anche se il monolito nero non sarebbe uscito prima del 2000, la semplice idea di una PlayStation next-gen è bastata a dissuadere la gente dal comprare la consolle Sega: il Dreamcast.





Molti amici




Sotto la guida di Hirai, SCE ha cresciuto un nutrito gruppo di sviluppatori, molti ancora in attività. All’inizio degli anni 2000 sono arrivati su PlayStation Ratchet e Jak e con loro Insomniac e Naughty Dog.





Facile come dire PSP


Mentre la PS2 macinava alla grande, Hirai e gli altri capoccioni di Sony hanno deciso di immergersi nelle acque delle console portatili. La PSP è stata presentata all’E3 del 2004 ed è arrivata a vendere oltre 70 milioni di pezzi.





Crostacei pericolosi


Gli inizi della PS3 sono stati tormentati, se pensiamo all’E3 del 2006. Con Hirai a presiedere alla conferenza, il prezzo di listino, le grida eccitate per Riiiiiidge Raaacer e i granchi giganti forse non sono stati una grande idea.






16 maggio 2005: Kaz Hirai e Ken Kutaragi rivelano PlayStation 3






C’è Vita




27 gennaio 2011: Kaz Hirai rivela NGP


Nel 2006, Hirai è passato al ruolo di vice presidente di Sony. È diventato poi group CEO di SCEI nel 2007 e ha da allora incarnato il volto corporate di PlayStation. Ha svelato al mondo Vita nel PS Meeting del 2011.











Via / PlayStation Magazine Ufficiale - Italia

Friday, 7 September 2012

MediEvil: intervista a Chris Sorrell




MediEvil, la bizzarra ed epica avventura di Chris Sorrell, un’autentica gemma del passato. Sviluppato da SCE Cambridge Studios, e pubblicato originariamente su PSone, MediEvil segue le gesta di Sir Daniel Fortesque, un cavaliere non-morto riportato inavvertitamente in vita dal perfido stregone Zarok, che si mette a combattere per liberare il regno di Gallowmere.





Malgrado un seguito ufficiale nel 2000 e un remake per PSP nel 2005, è il gioco originale ad aver lasciato il segno nel cuore dei giocatori. In vista del grande ritorno di Sir Dan come personaggio giocabile in PlayStation All Stars Battle Royale, il team di PlayStation Blog ha intervistato il suo creatore, Chris Sorrell, per scoprire tutti i segreti sullo sviluppo di MediEvil.







  • Qual era l’idea di fondo del gioco? Ti eri ispirato a qualcosa in particolare per l’aspetto grafico e le atmosfere?






Chris Sorrell: Inizialmente il gioco aveva il titolo provvisorio “Dead Man Dan” e avrebbe dovuto essere una sorta di fusione tra Ghouls ‘n’ Ghosts di Capcom e lo stile artistico di Tim Burton, in primo luogo quello di The Nightmare Before Christmas. A metà anni 90 ero un grandissimo appassionato di entrambe queste opere. Il capo grafico Jason Wilson aveva il mio stesso interesse per l’immaginario dark e gotico, perciò iniziammo a collaborare per definire l’aspetto grafico del gioco.









  • Era un progetto molto ambizioso per quei tempi. Quali furono le principali difficoltà nella realizzazione del gioco?




Chris Sorrell: MediEvil fu fin da subito una bella gatta da pelare! Il gioco nacque come progetto di un piccolo e squattrinato sviluppatore indipendente, Millennium Interactive. Dopo aver formato un team nuovo di zecca, anche se del tutto privo di esperienza nello sviluppo di giochi 3D di quella portata, ci mettemmo subito in cerca di finanziatori. Dovevamo trovare al più presto un publisher di primo piano o il progetto sarebbe affondato insieme al futuro dello studio. All’inizio lavoravamo su molteplici piattaforme come Windows, Sega Saturn e PlayStation, ma il vero punto di svolta fu il giorno in cui mostrammo il nostro gioco a Sony. Non potemmo essere più fortunati. I manager di SCEE, persone eccezionali e lungimiranti, adorarono letteralmente MediEvil e, nel giro di poche settimane, firmammo un contratto per farne un gioco in esclusiva per PlayStation. Alcuni mesi dopo diventammo addirittura il secondo studio di Sony nel Regno Unito.





Un’altra sfida molto importante, comune a gran parte degli sviluppatori dell’epoca, derivò dalla nostra inesperienza con le nuove tecnologie 3D. Aspetti come il controllo della visuale e del personaggio ponevano nuovi e interessanti ostacoli, che andavano approfonditi con attenzione e richiedevano molte prove prima di arrivare a soluzioni soddisfacenti.









  • Il prodotto finale risultò molto diverso dal prototipo originale?




Chris Sorrell: Direi di no. Anzi, in realtà era molto simile! In fase di sviluppo diventò meno “arcade” e più “avventuroso”, cosa che un grande fan di Zelda come me non poteva che apprezzare. Riguardo all’aspetto visivo, penso rispecchiasse alla perfezione i nostri propositi, come si può vedere dai primi bozzetti che, ancora oggi, circolano su Internet.









  • Qual è l’aspetto di MediEvil di cui sei più orgoglioso? E ritieni avesse qualche difetto?




Chris Sorrell: Ai tempi, avrei sottolineato l’enorme impegno profuso dal nostro team nel completare il gioco senza rinunciare alla cura per i dettagli o a ridurne la portata complessiva. Oggi, ripensandoci, a rendermi fiero è soprattutto la consapevolezza di aver creato un gioco che, per carisma e personalità, si fa ancora ricordare dai giocatori. Per uno sviluppatore, è un privilegio sentirsi dire che il tuo gioco riporta a galla splendidi ricordi d’infanzia, e questo sembra accadere piuttosto spesso con MediEvil.





Se penso avesse difetti? Beh, forse avrei dovuto ispirarmi ancora di più a Zelda. Una grande avventura vecchio stile ambientata nel mondo di MediEvil poteva essere qualcosa di speciale. Nel gioco avrebbe dovuto comparire anche un lombrico di nome Morten, che viveva nel bulbo oculare vuoto di Dan. Peccato sia stato tagliato nella versione finale!









  • Quale pensi sia stata l’eredità del gioco? Come vuoi che i giocatori lo ricordino?






Chris Sorrell: Di sicuro è stato uno dei primi giochi a cogliere e riprodurre lo stile artistico di Tim Burton. Mi vengono in mente diverse avventure a tinte horror uscite dopo MediEvil che, chiaramente, hanno preso ispirazione dal nostro gioco. Maximo, l’avventura fantasy pubblicata da Capcom nel 2002, è sicuramente tra queste. Mi piacerebbe che i giocatori ricordassero MediEvil come “quel gioco dello scheletro strambo e corrucciato, con un solo occhio e senza mandibola, che lancia il braccio come un boomerang”.









  • Nonostante sia uscito un remake per PSP nel 2005, quella di MediEvil non è mai diventata una serie duratura. Secondo te come si sarebbe sviluppata un’eventuale saga?




Chris Sorrell: Farei carte false per lavorare ancora con Sir Dan e ho già una montagna di idee per realizzare un nuovo e grandioso MediEvil. Purtroppo è un sogno irrealizzabile, considerato che non lavoro più per Sony e, soprattutto, tenuto conto di quanto sia cambiato il mondo dei videogiochi dalla prima uscita di Dan dalla sua cripta. 





Via: blog.it.playstation.com 




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Wednesday, 5 September 2012

Hello!

Since I last, er, blogged, I've been s-l-o-w-l-y working on converting the two Apple Jack games to PC. Not a difficult task, you might think, given that they were developed on a PC in the first place, but you reckon without three important factors:

1) I was a bit burned out after the year+ working on AJ2 and haven't been motivated to do much programming.

2) While the games runs perfectly with a controller on PC, keyboard & mouse controls are a different story and 'aim mode' has been a pain to implement. The best I could come up with is a system which uses the keyboard to move and the mouse to jump, pick-up and throw. By holding the throw button the aim arrow appears which you can then move around with the mouse. Takes a bit of getting used to but it works.

3) Reprogramming all the menus has been a proper pain in the arse. It's almost as if I didn't plan ahead when I did them initially and made things ten times harder for myself!


That said, most of the work has been done now, and after a bit more polishing up they'll be ready for testing.